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VINCENT WILLEM VAN GOGH

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L’espressione dell’essere ha molte forme: c’è chi predilige la scrittura, chi la comunicazione verbale, chi la musica e chi le immagini. Tutte figure accomunate dall’esigenza di dire qualcosa di sé e di riflesso del mondo circostante. Non tutti sono in grado di trovare un canale adatto, vuoi per fortuna, vuoi per contesto o per carattere.

Tra le varie personalità storiche, in grado di impregnare della sua presenza e magnificenza questo mondo così caotico e disturbante, non passa, di certo, inosservato quella di Vincent Willem van Gogh. Un uomo la cui vita è dettagliatamente descritta dallo scambio epistolare con l’amato fratello Theo. Durante la sua vita Van Gogh fu considerato tante cose, ma, senza nessunissimo dubbio, non un genio.

Magliette, borse, persino calzini, ormai la moda vangoghiana ha preso il sopravvento sul mercato contemporaneo. Ciò che, oggi, viene innalzato ad impalpabile mito, in vita non fu altro che un outsider ai margini della società. Uno spirito in subbuglio, la cui emotività traspare attraverso i colori e le pennellate veloci e intense. I passaggi di colori tra l’epoca olandese e quella francese rappresentano un passaggio emotivo e di crescita non indifferente. La sua vita come le sue emozioni sono il nodo centrale della mostra a Palazzo Bonaparte di Roma, organizzata da Arthemisia e curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti.

Già a partire dalle file all’ingresso si coglie l’entusiasmo di grandi e piccini nel vedere le 50 opere provenienti dal Museo Kröller Müller di Otterlo. Commoventi le parole di un padre che racconta alla figlia di appena quattro anni la meravigliosa esperienza che stanno per vivere. 

Le sale raccontano tramite didascalie ben congeniate, giochi di luce e filmati, la vita di un uomo, che nonostante il suo estremo gesto, amava profondamente la vita. Già a partire dai primi disegni e dipinti olandesi si coglie l’interesse nei confronti della quotidianità contadina. Uomini e donne avvolti in paesaggi in principio cupi, soffocanti e quieti allo steso tempo, si trasformano, durante il periodo francese, in un’inondazione strabiliante di colore che influenzerà pesantemente gli espressionisti del primo Novecento, in particolar modo Matisse.

Due i colori che principalmente invadono le tele dell’artista: il marrone, in ricordo della terra bruna che dà vita e il giallo intenso del grano e del sole, principio di tutto. Fondamentale, nel panorama della bella époque parigina, l’influenza della pittura puntinista di Signac e Seurat che segnerà inesorabilmente lo stile dell’artista. Altrettanto importante il rapporto travagliato con l’artista post-impressionista Paul Gauguin, il cui stile influì talmente tanto Van Gong da portarlo a denaturalizzare la sua pittura. Solo in seguito al taglio dell’orecchio sinistro dopo l’ultimo litigio con “l’amico” Gauguin, l’artista sembra quasi ritornare al suo stile non dimenticando mai l’esperienza antecedente: colori vibranti, tratti netti e corti, contorni scuri, spessi e tortuosi, ravvivati da sequenze di punti.

La mostra, divisa nei due piani del Palazzo, riesce a mantenere alta l’attenzione dell’artista, puntando sulla caratteristica principale di Vincent Van Gogh, ovvero la sua continua ricerca spirituale di sé e dell’essenza stessa della vita. Il cuore pulsante dell’esposizione è rappresentato da uno dei tanti autoritratti realizzati nella sua breve vita, posto al centro di una sala, quasi come l’altare di una divinità. Un’opera che attira l’attenzione di tutti non per la studiata posizione in se e per se, ma per l’emotività dettata da colori tanto intensi e sgargianti quanto la solitudine percepita dallo sguardo di un uomo spinto dal desiderio di rivalsa.

La mostra termina con una delle sue ultime opere, realizzata nella clinica di Saint-Rémy prima del suicidio. La sua figura centrale con sguardo basso, colori opachi e tratti lievi raccontano la rassegnazione e l’accettazione della solitudine. Il successo post-mortem di Vincent Van Gogh, portato avanti dalla cognata Johanna Van Gogh-Bonger, si protrae sino ai giorni nostri con grande fervore. C’è da chiedersi quanto il desiderio di rivalsa abbia influito sull’eccezionale fama di Vincent Van Gogh. Legittimando il suo talento, riabilitando il suo nome, riusciamo forse a riscattare noi stessi? In fondo, tutti siamo degli outsiders.

 

23/03/2023

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