Il mondo del cinema e dell’arte piange Robert Redford, scomparso ieri all’età di 89 anni. Attore magnetico, regista raffinato e instancabile attivista ambientale, Redford ha attraversato oltre sei decenni di storia cinematografica, lasciando un segno indelebile su pellicole e spettatori.
Nato a Santa Monica, California, nel 1936, Redford conquistò Hollywood negli anni Sessanta grazie a un carisma naturale e a uno sguardo capace di coniugare eleganza e inquietudine. Film come Butch Cassidy and the Sundance Kid e La stangata lo consacrarono tra i divi più amati, mentre la sua interpretazione in I tre giorni del Condor e Tutti gli uomini del presidente mostrò un talento capace di fondere fascino e tensione morale.
Parallelamente, Redford scelse la regia, firmando opere intense come Gente comune, che nel 1981 gli valse l’Oscar, e Quiz Show, raffinata riflessione sui media e l’etica pubblica. Ma il suo contributo più duraturo alla settima arte è forse il Sundance Film Festival, da lui fondato per dare spazio al cinema indipendente e alle voci emergenti: una vera fucina di talenti che ha cambiato il panorama culturale mondiale.
Oltre al cinema, Redford fu un instancabile sostenitore delle cause ambientali e dei diritti civili, trasformando la sua notorietà in una piattaforma per l’impegno sociale. «La natura è il mio tempio», amava dire, e il suo amore per i paesaggi dell’Ovest americano traspariva in ogni progetto.
Con la sua scomparsa si chiude un capitolo fondamentale della cultura contemporanea. Robert Redford lascia un’eredità che va ben oltre lo schermo: l’idea che l’arte possa e debba dialogare con il mondo, illuminandone le contraddizioni e le speranze.
16/09/2025
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