Napoli perde un’altra delle sue voci più autentiche, profonde, inconfondibili. A poche ore dalla scomparsa del fotografo Mimmo Jodice, la città piange James Senese, ottant’anni, sassofonista, cantautore, simbolo di un’identità musicale che ha saputo fondere il Mediterraneo con il Bronx, la malinconia del Vesuvio con la rabbia del rhythm and blues.
Per tutta la giornata, alla stazione di Piscinola–Scampia, la sua musica ha accompagnato i passanti, come un saluto in forma di melodia. Alle 12, nel quartiere di Miano dove è sempre vissuto, si sono svolti i funerali. Senese si è spento all’ospedale Cardarelli, dopo un mese di ricovero per una polmonite.
L’anima del Neapolitan Power
Figlio della guerra — madre napoletana e padre soldato americano — James Senese è stato davvero, come amava definirsi, un “nero a metà”. Da questa doppia appartenenza nacque una musica ibrida e rivoluzionaria, che avrebbe cambiato per sempre il suono di Napoli.
Negli anni Sessanta, con Gigi e i suoi Aster e poi con The Showmen, portò in Italia l’energia di Otis Redding, James Brown e Marvin Gaye. Con Un’ora sola ti vorrei, nel 1968, vinse il Cantagiro e consacrò il soul partenopeo. Nel 1972 nacquero Showmen 2 e, due anni dopo, i Napoli Centrale: un laboratorio sonoro in cui il jazz incontrava il dialetto, la protesta si faceva groove, e un giovane Pino Daniele imbracciava il basso per la prima volta.
Il suono di una rivoluzione
Fu proprio Senese a dare il primo ingaggio al futuro autore di Napule è. Senza il suo sax rabbioso e struggente, molte delle canzoni di Pino Daniele — da Quanno chiove a Chi tene o mare — avrebbero avuto un destino diverso. Negli anni Ottanta, il loro sodalizio divenne leggenda, insieme a Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Rino Zurzolo ed Ernesto Vitolo: il supergruppo che fece del Neapolitan Power una bandiera internazionale.
Da solista, Senese lasciò opere intense e personali come Hey James, dedicato al padre mai conosciuto, e Zitte! Sta arrivanne 'o mammone, con ospiti Lucio Dalla, Enzo Gragnaniello e Raiz. Con 'O Sanghe (2016) dei Napoli Centrale vinse la Targa Tenco come miglior disco in dialetto, e nel 2021 pubblicò il suo ventunesimo album, James is back.
Un artista totale
Il suo volto e il suo sax hanno attraversato anche il cinema — da No grazie, il caffè mi rende nervoso di Lodovico Gasparini con Massimo Troisi, a Passione di John Turturro, fino a Una festa esagerata di Vincenzo Salemme. Nel documentario Pino di Francesco Lettieri, raccontò con emozione come la musica gli avesse permesso di superare il razzismo e di trovare una patria nel suono.
“Napoli ha perso il Vesuvio”, ha detto commosso Enzo Avitabile. Per il sindaco Gaetano Manfredi “il suo sax risuonerà per sempre, nel nome di Pino Daniele”. Nino D’Angelo lo ha definito “il Miles Davis di Napoli”, e Tullio De Piscopo ha ricordato la loro missione comune: “Raccontare Napoli attraverso il soul, il blues, il jazz e la melodia dei vicoli”.
Il sax che resta
Nel 2019 la sua immagine, fotografata da Luciano Romano davanti al mare, è entrata nell’installazione sonora permanente Da Caruso agli ’A67 del Plart, a testimoniare un’eredità viva e sonora.
Perché la musica di James Senese non è mai stata solo intrattenimento, ma una dichiarazione d’identità, una rivoluzione gentile e potente, durata più di sessant’anni. Un suono che, come il vento sul golfo, continuerà a risuonare tra i vicoli e le stazioni di Napoli.
Il sax di James Senese non si spegne. Cambia solo direzione: ora soffia verso l’eternità.
29/10/2025







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