Negli anni Settanta, quando l’Italia era attraversata da forti tensioni politiche e sociali, la capitale divenne un crocevia per artisti, scrittori e intellettuali provenienti dall’America Latina. È a questa stagione di fermento culturale e di incontri inattesi che rende omaggio la mostra “La diaspora latinoamericana in Italia negli anni ’70”, ospitata fino al 12 novembre all’Istituto Cervantes di Roma.
Protagoniste assolute dell’esposizione sono oltre quaranta fotografie inedite di Cecilia Fajardo, artista e fotoreporter colombiana che visse a Roma tra il 1972 e il 1979. Le sue immagini restituiscono un ritratto vivido di un’epoca complessa: manifesti politici che tappezzano i muri della città, volti di artisti in dialogo, frammenti di quotidianità e di creatività condivisa.
Curata da Maria Clara Bernal, Luis Antonio Silva e Patricia Zalamea e promossa dall’Ambasciata di Colombia a Roma, la mostra esplora un capitolo spesso dimenticato della storia culturale italiana: quello dell’incontro tra l’avanguardia europea e la vitalità artistica latinoamericana.
L’Italia, infatti, era già da decenni un punto di riferimento per gli intellettuali ispanoamericani. Già negli anni Quaranta e Cinquanta Jorge Zalamea Borda aveva intrecciato rapporti con Giorgio de Chirico, mentre Fernando Botero aveva trovato a Firenze il luogo della sua formazione. Negli anni Settanta, queste relazioni si intensificarono: il pittore cileno Roberto Matta si stabilì a Tarquinia, il regista argentino Fernando Birri, il compositore Astor Piazzolla e lo scrittore spagnolo Rafael Alberti scelsero l’Italia come rifugio creativo e politico, aprendo la strada a una fitta rete di scambi.
Nata a New York nel 1936 da genitori colombiani, Cecilia Fajardo arrivò a Roma con il marito, il giornalista Alberto Zalamea, per documentare con la sua Rolleiflex l’effervescenza culturale del decennio. Le sue fotografie catturano momenti d’intimità e di confronto tra personalità come Pier Paolo Pasolini, Eugène Ionesco, e numerosi artisti latinoamericani di passaggio nella capitale: Gabriel García Márquez, Julio Cortázar, Manuel Scorza, Wifredo Lam, Alirio Díaz, Augusto Roa Bastos, tra gli altri.
Come ricordano le curatrici, Fajardo “è riuscita a documentare i dialoghi e i silenzi condivisi tra artisti e intellettuali europei e latinoamericani, sia nella vulnerabilità di vivere lontano dal proprio Paese, sia nell’incontro con l’altro”. Le sue immagini sono oggi una testimonianza preziosa di una diaspora creativa che fece dell’Italia un laboratorio di libertà e di scambio interculturale.
In un tempo in cui i confini sembrano tornare a irrigidirsi, la mostra al Cervantes ricorda come l’arte possa essere un linguaggio universale capace di attraversarli, trasformando l’esilio in una forma di resistenza e di bellezza condivisa.
27/10/2025







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