VENEZIA – Una delle opere più enigmatiche e discusse dell’arte contemporanea torna al centro dell’attenzione: il Migrant Child, realizzato da Banksy nella notte tra l’8 e il 9 maggio 2019 sulla facciata di Palazzo San Pantalon a Venezia, è stato rimosso per un intervento di restauro, sollevando nuove polemiche nel mondo dell’arte e dell’architettura.
L’opera – una delle due sole rivendicate ufficialmente in Italia dal celebre street artist britannico – raffigura un bambino naufrago, coi piedi immersi nell’acqua della laguna, che tenta di attirare l’attenzione con una torcia di posizione che emette un segnale fucsia. Un’immagine potente, che denuncia la tragedia delle migrazioni e che, proprio per la sua collocazione a pelo d’acqua, è stata soggetta nel tempo all’azione corrosiva dell’umidità, della salsedine e delle maree veneziane.
Contrariamente a quanto inizialmente ipotizzato, l’opera non sarà restaurata in loco, ma è stata temporaneamente rimossa. La conferma non è arrivata da Banca Ifis – proprietaria dell’edificio e futura sede di un centro per l’arte contemporanea – bensì dall’Albo Pretorio del Comune di Venezia. Una recente ordinanza della Polizia locale ha infatti disposto la chiusura notturna del traffico acqueo nel tratto del Rio di Ca’ Foscari per consentire le operazioni di rimozione della parte di muratura su cui Banksy aveva dipinto il suo graffito. Due motobarche hanno assistito lo spostamento, che ha comportato anche un delicato intervento strutturale sulla facciata.
Non sono mancate le critiche. Già all’inizio dell’anno, l’ipotesi di un restauro aveva suscitato reazioni contrastanti, in particolare da parte dell’associazione degli architetti veneziani, che si era schierata contro l’intervento conservativo. “Le opere di Banksy nascono proprio per essere esposte alle intemperie, e il loro deterioramento è parte integrante del loro significato artistico”, avevano commentato i rappresentanti dell’associazione. Un punto di vista condiviso da molti studiosi di street art, per i quali la temporaneità e la fragilità sono componenti essenziali dell’opera stessa.
Il restauro è stato fortemente voluto da Vittorio Sgarbi durante il suo mandato come sottosegretario alla Cultura, e rientra in un più ampio progetto di riqualificazione dell’intero Palazzo San Pantalon. I lavori, affidati allo studio Zaha Hadid Architects in collaborazione con Th&Ma Architettura e con il supporto degli ingegneri Davide Sabbadin e Alessandro Gasparini, saranno realizzati sotto la supervisione della Soprintendenza del Ministero della Cultura.
Nel frattempo, il Migrant Child si prepara a tornare alla luce dopo il restauro, ma in una veste che potrebbe far discutere: tra chi saluta il tentativo di preservare un’icona dell’arte urbana e chi, al contrario, denuncia l’alterazione di un’opera pensata per morire lentamente insieme al muro su cui è nata.
L’interrogativo resta aperto: fino a che punto si può (o si deve) conservare la street art? E cosa si perde, nella sua musealizzazione forzata? A Venezia, intanto, l’arte continua a far discutere – proprio come vuole Banksy.
25/07/2025
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