Esiste una voce sincera, fuori dal tempo e dalle mode, che continua a farsi spazio tra le sonorità digitali di oggi. È quella di Alessandro Lugli, 49 anni, artista appassionato di musica, canto e poesia. Lo incontriamo per conoscere il suo percorso musicale, fatto di emozione, gratitudine e ricerca del significato autentico della musica.
Alessandro, come nasce la tua passione per la musica, in particolare per il pop e il blues?
«Fin da piccolo ho sempre avuto una forte passione per la musica, anche se non l’ho mai sviluppata al cento per cento. Negli anni Ottanta era quasi naturale avvicinarsi al pop – era ovunque – ma poi ho scoperto anche il blues. Pino Daniele e Zucchero, ad esempio, mi hanno colpito molto. Questi due generi mi sono entrati nel cuore in modo spontaneo, naturale.»
Ci sono degli artisti che ti hanno influenzato più di altri nel tuo percorso?
«Sì, sicuramente Marco Masini e Pino Daniele: li ho seguiti molto durante l’adolescenza. E poi Claudio Baglioni, le cui canzoni ho ascoltato con attenzione. Sono i tre artisti che sento più vicini al mio mondo.»
Come nasce una tua canzone? Parti dalla musica o dalle parole?
«Tutto nasce da un’emozione. Io mi sento più portato per la scrittura che per la parte musicale, ma è sempre il sentimento che guida. Non mi piace la musica che non trasmette niente. Per me, la musica è prima di tutto verità emotiva.»
C’è un tema ricorrente nei tuoi testi?
«Sì: il sentimento. È ciò che manca nella musica di oggi, dove spesso dominano le sonorità elettroniche e artificiali. Anche il rap, che un tempo apprezzavo con artisti come Jovanotti o gli Articolo 31, oggi mi pare svuotato di contenuto. Io cerco sempre il sentimento vero, profondo.»
Quanto metti di te stesso nei tuoi brani, soprattutto quando suoni blues?
«Tutto. Il blues è un canto antico, nato dalla sofferenza, dalla spiritualità. Viene dagli africani, è pieno di Dio, di disperazione, di fede. Per me è naturale metterci tutto me stesso.»
Hai mai trovato difficile conciliare l’anima pop con quella blues?
«No, perché pop sono le parole, mentre la musica può essere blues. In fondo, l’anima è una sola. Non si può parlare di un’anima pop o blues: c’è solo l’anima, punto.»
Come pensi sia cambiata la musica negli anni? E la tua musica?
«Non direi che è cambiata la mia musica, è cambiata la musica in generale. Oggi spesso la musica è solo un pretesto per mostrarsi, provocare, fare spettacolo, ma senza contenuto. Non voglio sembrare moralista, ma credo che la musica debba servire a elevarsi, a cercare Dio, non a spogliarsi o gridare violenza. Questo vale anche per il rap più duro, che sento distante.»
Preferisci esibirti dal vivo o lavorare in studio?
«Sicuramente dal vivo. La vera musica è nelle piazze, nel contatto diretto. In studio ho registrato qualcosa, ma ciò che nasce dal momento, con l’energia del pubblico, è un’altra cosa.»
Cosa cerchi di trasmettere a chi ti ascolta durante un live?
«Emozione. Sentimento. Empatia. Non voglio che sia qualcosa di commerciale. Deve esserci verità, sempre.»
Hai un rituale prima di salire sul palco?
«No, nessun rituale. Salgo e canto, tutto qui.»
Cosa puoi anticiparci sui tuoi prossimi progetti musicali?
«Spero che arrivi qualcosa di nuovo. Un piccolo miracolo che mi permetta di continuare e di farmi conoscere di più.»
Dove possiamo seguirti per restare aggiornati sulle tue attività?
«Sono presente su vari social: Facebook, Instagram e TikTok. Basta cercare Alessandro Lugli, e mi trovate facilmente.»
03/06/2025
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